Un ventilatore per Covid-19 figlio della materia oscura

Fernando Ferroni

Ho una particolare passione per la divulgazione scientifica. Ho partecipato a moltissimi eventi cercando di suscitare interesse raccontando la meravigliosa storia delle scoperte fatte nel campo della fisica negli anni recenti, il bosone di Higgs e le onde gravitazionali in particolare. Una cosa che non mi sorprende ma che mi ha sempre fatto riflettere è la inevitabile domanda: ma quello che fate a che serve?

Ammetterete che nel paese di Dante e della sua Commedia sarebbe permessa l’illusione che «fatti non foste per vivere come bruti ma per seguire virtude e canoscenza» sia un risposta sufficiente. Ma non lo è. E giù allora a raccontare degli acceleratori che curano i tumori, dei magneti superconduttori che permettono di fare le risonanze magnetiche, della incredibile combinazione di meccanica quantistica e relatività generale condensata nel GPS che vi guida per le sconosciute strade del mondo intero.

Ma partecipare in prima persona a un progetto di trasferimento della conoscenza a una applicazione di utilità sociale tangibile e fatta in un quadro di emergenza, devo dire che ha tutto un altro sapore.

Insegno al Gran Sasso Science Institute e sono stato presidente dell’INFN, Istituto Nazionale di Fisica Nucleare.
Ho conosciuto Cristiano Galbiati, un collega della Princeton University, ideatore di un esperimento per la ricerca della materia oscura dall’evocativo nome Dark Side da effettuare ai Laboratori Nazionali del Gran Sasso. Lo ho aiutato a trovare una parte dei finanziamenti necessari per il progetto (decine di milioni di euro) e ne ho avuto modo di apprezzare le capacità di visione scientifica e quella di vederne le possibili applicazioni. Ora è anche un cervello rientrato e mio collega al GSSI.

Si è trovato a Milano, la città dove si è laureato, bloccato dall’emergenza Covid-19. Ha toccato con mano la tragedia che stava travolgendo la regione. Ha tradotto la pena in un piano di azione per contribuire ad alleviare la criticità degli ospedali.

Ha messo insieme con il suo entusiasmo e le sue capacità organizzative un team formidabile in pochissimo tempo. Ha fatto leva sui ricercatori del gruppo Dark Side (fisici e ingegneri), una grande collaborazione internazionale di cui fa parte Art MacDonald, premio Nobel in Fisica del 2015. Ha avuto la collaborazione dell’INFN, del CNR, di tutte le università lombarde e di diverse aziende guidate da Elemaster per la realizzazione in tempi record di un ventilatore (Mechanical Ventilator Milano, MVM) basato su un principio chiaro: che si possa produrre rapidamente in quanto basato su un numero minimo di componenti tutti reperibili facilmente.

Ed ecco la forza di un campo della scienza, la fisica delle particelle, che è strutturata in grandi collaborazioni internazionali abituate a lavorare in modo coordinato con una efficiente divisione dei compiti. Più di cento ricercatori e ingegneri che hanno lasciato i loro compiti normali di costruire e far funzionare rivelatori per scoprire i segreti della natura e hanno applicato le loro capacità a sviluppare e costruire qualche cosa che non avevano mai fatto. Un ventilatore che aiuti in modo delicato i polmoni di chi è in terapia intensiva per colpa del Covid-19 a respirare.

La macchina è basata sul principio della «possibilità di utilizzare la pressione dei gas emessi dall’apparecchio da anestesia come forza motrice per un semplice apparecchio per ventilazione polmonare nei pazienti in sala operatoria». Progettato per ottenere un ventilatore che fosse il più semplice possibile, MVM è costituito da elettrovalvole pneumatiche e non da commutatori meccanici, integrando le caratteristiche avanzate progettate dagli anestesiologi che partecipano al progetto, operanti nelle corsie degli ospedali della Lombardia.

É stato stupefacente e fonte di ispirazione e speranza per il futuro vedere esperti dall’industria alla medicina mettersi a disposizione per consigli e test in ospedale (al San Gerardo di Monza). Si è lavorato, sfruttando la collaborazione col Nord America, giorno e notte avendo chiaro il senso di urgenza e guidati da una fortissima motivazione.

Posso dire in tutta sincerità di non aver mai visto niente di così complicato, vista la delicatezza della sua applicazione, essere realizzato dal nulla con tale velocità. Non mi sono mai posto il problema della possibilità di un fallimento. Era necessario, andava fatto. Solo quello contava.

Una grande lezione anche per lo sfruttamento delle capacità di telelavoro, mai sfruttato a questo livello di complessità, neppure da una comunità così internazionalizzata come la nostra. Un microprocessore installato a Elemaster, con un software sviluppato negli Stati Uniti e guidato da una interfaccia utente scritta e provata in Canada. Una lezione che resterà.

C’è qualcosa in più. Non è solo una macchina semplice e producibile velocemente. É un disegno che verrà reso pubblicamente accessibile perché possa essere replicato da chiunque nel mondo abbia la necessità di utilizzarlo avendone le capacità.

Un bell’esempio di trasferimento della conoscenza e io sono felice di aver dato il mio contributo.


Ieri, primo maggio, il ventilatore (Mechanical Ventilator Milano, MVM), ha ottenuto la certificazione dall’Ente governativo statunitense FDA, Food and Drug Administration.

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