La bomba fatta esplodere sotto la casa di Sigfrido Ranucci rappresenta un inquietante salto di qualità degli attacchi contro il giornalismo d’inchiesta e la libertà di informazione.
A lui, alla sua famiglia, alla redazione di Report va tutta la nostra solidarietà e vicinanza.
Siamo certi che saranno rafforzate le misure di protezione: c’è una parte delle istituzioni che protegge il giornalismo, mentre un’altra fomenta irresponsabilmente l’odio.
C’è un attacco concentrico all’autonomia dei giornalisti e il ritorno delle bombe ci riporta ad anni bui della storia italiana.
Dopo gli insulti, le accuse di faziosità, le campagne di diffamazione, le aggressioni in piazza, adesso si alza il tiro: come ai tempi di Cosa Nostra. Come ai tempi delle Brigate Rosse. Chi non china la testa viene colpito, come dimostra l’attentato subito da Sigfrido Ranucci.
Non vogliamo tornare indietro, ma per tornare in indietro occorre che qualcuno disarmi le parole. Gli uomini e le donne delle istituzioni, i politici, frenino la loro aggressività verbale nei confronti di chi fa questo lavoro. Un lavoro che può essere criticato, ma non offeso, insultato o attaccato in modo sconsiderato e violento. Così facendo succede che in piazza ti tirano le pietre in faccia, che sotto casa ti mettano una bomba. Il caso di Sigfrido Ranucci è un caso eclatante, ma ci sono tanti altri casi di giornalisti meno noti a cui vengono fatte intimidazioni e attentati e che subiscono violenze e minacce.
È ora di dire basta. Serve un clima culturale diverso, un clima civico diverso, per proteggere chi fa questa professione.
Il Consiglio nazionale dell’Ordine intraprenderà ogni azione per denunciare minacce, violenze e intimidazioni e per contrastare questo clima di caccia al giornalismo che rischia di riportarci agli anni più bui della Repubblica. Difendere il giornalismo significa difendere la democrazia.

