In Albania si è deciso che la politica tradizionale fosse diventata troppo prevedibile e così Edi Rama, primo ministro albanese al suo quarto mandato, ha presentato Diella, la prima ministra che gestirà il dicastero degli Appalti pubblici, creata interamente con l’Intelligenza Artificiale. Con tanto di abiti tradizionali e voce rassicurante, Diella avrà la nobile missione di ripulire l’Albania da ogni traccia di malaffare: «Priva al 100% da corruzione», garantiscono i comunicati! Peccato che nessuno ci abbia ancora spiegato chi è che controllerà il codice che controllerà gli appalti.
Diella, che in albanese significa sole, mira a fare luce in un settore nel quale da decenni si aggirano più ombre che raggi. Progettata per sembrare rassicurante, non ha la freddezza di un software, ma è un avatar che sorride, che veste abiti tradizionali albanesi per evocare radici e identità, che trasmette familiarità con la sua voce modulata al punto giusto per sembrare ferma, ma allo stesso tempo empatica. Da qui, capiamo bene perché sia stata fatta la scelta di un volto femminile, usato spesso nei contesti di assistenza, cura, servizio pubblico, un’immagine soffusa, rassicurante, che serve il popolo, non lo domina.
Non è pertanto una consulente, né un’assistente vocale, è un vero e proprio membro di governo con un portafoglio pesante che prevede la gestione delle gare d’appalto, la valutazione delle offerte, la selezione dei vincitori, oltre a garantire, così dice la propaganda ufficiale, che il tutto avvenga «senza la minima possibilità di corruzione». In altre parole, questa Intelligenza Artificiale diventa garante di moralità, il suo algoritmo è giudice imparziale e ultimo baluardo contro le mazzette e certo non si arriva a pensare che dietro il costume folkloristico c’è sempre e solo codice gestito da programmatori, aziende, governi, ovvero da coloro che controllano gli appalti stessi. Quello che è evidente è che a un avatar non si potrà consegnare la classica mazzetta, al massimo bisognerà provare con un aggiornamento software!
Intanto, i titoli dei giornali impazzano: l’Albania è il primo Paese al mondo con una ministra avatar, Bruxelles plaude all’innovazione e a Tirana si brinda. Si paventa il sogno di un’Unione Europea «algoritmicamente trasparente», ma viene da chiedersi cosa accadrà quando un hacker deciderà di donare a Diella un debole per imprese amiche. Tuttavia, il governo rassicura che la bella albanese digitale inizierà a operare in parallelo al sistema attuale con supervisione umana, così da evitare che un bug mandi in tilt mezzo ministero. Perché l’IA è veloce, instancabile e teoricamente imparziale, ma resta pur sempre qualcosa di artificiale che a me fa prefigurare scene surreali: manager disperati che supplicano l’avatar digitale di riconsiderare un preventivo, parlamentari che gridano allo scandalo per un appalto respinto, tecnici informatici chiamati a negoziare con il software.
Al momento, non sono ancora stati resi noti i dettagli tecnici con cui si gestirà l’avatar-ministra, neanche il modello di intelligenza artificiale linguistica che ne costituirà la base. È certo, però, che il sistema potrà elaborare grandi quantità di dati, restituire soluzioni concrete e decidere la distribuzione delle risorse seguendo criteri algoritmici equi. È probabile che venga dotata anche di funzionalità di sintesi vocale e di interazione conversazionale, così da poter partecipare a riunioni di governo e ad altri contesti ufficiali.
Diella era già stata introdotta all’interno della piattaforma e-Albania nel maggio del 2022: si limitava all’erogazione dei servizi digitali della pubblica amministrazione poiché, attraverso specifici comandi vocali, i cittadini potevano accedere alla quasi totalità (circa il 95%) delle pratiche burocratiche disponibili online sui portali ministeriali, con la possibilità di richiedere certificati, consultare i fascicoli sanitari, gestire documenti.
Va riconosciuto senza ombra di dubbio che la mossa è un capolavoro politico. L’Albania, spesso citata nei rapporti internazionali per i suoi problemi di corruzione, si riposiziona come laboratorio di innovazione e trasparenza. In un colpo solo Rama manda il messaggio a Bruxelles di essere pronto all’integrazione europea, facendolo, tra l’altro, utilizzando un’avanzata tecnologia.
È propaganda? Certamente. Ma è anche un atto di marketing istituzionale che funziona perché Diella diventa un marchio, un’icona digitale che parla di futuro, ma che inevitabilmente ci pone degli interrogativi: se sbaglia, chi paga? Chi va in Parlamento a prendersi la fiducia o la sfiducia? Si punisce l’algoritmo, lo si licenzia con un click o si mette in panchina un intero gruppo di sviluppatori? E se qualcuno decidesse di hackerarla, cosa accadrebbe? Sarebbe il paradosso perfetto: corruzione 2.0, le tangenti non passano più sotto al tavolo ma attraverso un server compromesso.
Gli scenari futuri oscillano tra il comico e il distopico. Potremmo vedere Diella applaudita nei summit europei come simbolo della nuova governance digitale, con Ursula von der Leyen che stringe la mano a un ologramma oppure assistere a bandi respinti a raffica per cavilli tecnici (come, ad esempio, un PDF corrotto), imprese in rivolta, parlamentari costretti a chiedere «un aggiornamento urgente» al ministro digitale.
Funzionerà davvero? Non lo sappiamo. Mi fa sorridere però il solo immaginare che, se in Albania qualcuno dovesse provare a corrompere la ministra-avatar, la risposta potrebbe essere assai semplice: «errore 404, tangente non trovata».
