Le vacanze pasquali e le festività successive con i relativi ponti hanno arricchito una stagione cinematografica già interessante di un paio di film che consiglio a tutti di non perdere. Sono due film che arrivano dalla Francia, da quel cinema francese che ogni volta desta sorpresa, ammirazione, un po’ di invidia per la sua vitalità, la sua originalità, la sua varietà.
Ah! ma come sono bravi i francesi…
A proposito di varietà ecco due opere di registi assai prolifici, ben identificati con il loro universo tematico e figurativo su cui innestano due storie decisamente originali. A prima vista i due film appartengono a mondi opposti.
Quello di Guédiguian, La gazza ladra, è un film marsigliese, del midi, pieno di sole e di luce, di case a L’èstaque con piscina, anche quelle modeste, di scorci di mare azzurro, di spiagge popolari e di ostriche. «Luminoso, attento alle ragioni della vita, colmo di simpatia per gli esseri umani. Inaspettato e quasi provocatorio in un tempo in cui la simpatia solare – la bontà per usare una parola fuori moda – viene oscurata da un livore diffuso».
Mi sono permesso di rubare queste ultime parole a un post di Roberto Escobar pubblicato su Facebook, tanto mi hanno colpito per la loro bellezza.
L’altro film, di Francois Ozon s’intitola Sotto le foglie e le foglie, al di là della dimensione metaforica che non è certo secondaria, sono le classiche feuilles morte.
È un paesaggio autunnale, freddo quello di Ozon, la Francia centrale, ma non quella animata da turismo, quella dei borghi isolati, popolati da anziani dove è difficile trovare lavoro e non c’è molto per divertirsi, quelli in cui ambienta i suoi grandi romanzi anche Valérie Perrin.
In questi due mondi opposti agiscono le due protagoniste dei film di Ozon e Guédiguian.
Sono due signore attempate, ma molto vivaci e lucide, una non ha problemi economici perché ha messo da parte il ricavato evidentemente sostanzioso della sua attività di prostituta, l’altra invece che ha lavorato in nero e non ha una pensione adeguata si dà da fare come badante. Entrambe hanno un solo scopo nella vita: essere utili alla crescita e al successo dell’adorato nipote. Per questo sono disposte a tutto.
Ma non è il caso di spoilerare troppo.
Diciamo solo che per raggiungere il loro obbiettivo si dedicano al crimine, in un caso si tratta di crimini ripetuti ma più leggeri, nell’altro di una sola azione, terribile.
Senza entrare nei complessi meccanismi delle due vicende, dai cui potranno godere gli spettatori, c’è un dato che colpisce. A tenere le fila di tutto, a pensare al domani, a progettare un futuro, a coltivare la speranza concretamente, non a parole ma con i fatti, sia pur criminosi, sono le nonne. E non sono le nonne da commedia, quelle che capiscono i nipoti nei loro tormenti sentimentali più dei genitori che sono troppo incasinati con i loro tormenti, come nel Tempo delle mele. Queste nuove nonne hanno ben altro a cui pensare: trovare i soldi, la scuola giusta, combattere il bullismo, prendere il posto dei genitori distratti, incapaci, travolti da un colpo di fulmine (geniale nella sua inverosimiglianza quello marsigliese).
Ora – senza fare della sociologia improvvisata – questa lettura del tema generazionale messo in scena senza forzature, senza troppe esplicitazioni o sottolineature, in armonia con lo stile del regista e con il genere, rivela quanto il buon cinema sia capace di andare in profondità con tutta la sua insostenibile leggerezza.
Ah quanto sono bravi i francesi…