La narrazione distopica del Piano Strategico Nazionale delle Aree Interne

Una nuova questione meridionale

Stefania Russo

Esiste un’Italia interna, costituita dal territorio che si snoda lungo le dorsali alpina e appenninica e da una buona parte del territorio delle isole maggiori: è l’Italia delle aree interne, quella parte del Paese dove le politiche di tagli alla spesa pubblica, le migrazioni interne lungo la direttrice Sud-Nord e quelle verso l’estero, il calo della natalità e l’invecchiamento della popolazione, l’assenza di politiche strutturali di accoglienza e gestione dei flussi migratori hanno esasperato e accelerato dinamiche in corso nella gran parte del territorio del Paese.

Nel 2013 su impulso dell’allora Ministro per la coesione territoriale, Fabrizio Barca, nacque la Strategia nazionale per le aree interne, la SNAI.

A marzo 2025, in grande ritardo e senza un vero processo di consultazione e condivisione con i vari attori interessati, è stato pubblicato il Piano strategico nazionale per le aree interne per il periodo 2021-2027. Tradendo lo spirito originario della SNAI che, seppur con difficoltà e tempi lunghi aveva avviato un processo di rigenerazione dei territori delle aree interne, il governo con il nuovo Piano sferra un colpo basso a tredici milioni di cittadini che scoprono di vivere in territori condannati alla morte lenta per una precisa scelta politica.

Il punto di partenza sono i dati degli studi predisposti da CNEL e CENSIS.

Nulla di sorprendente, in realtà, né di diverso da ciò che si può apprendere da un libro di geografia di prima media: la popolazione dell’Italia è in drastico calo, con andamento differente tra Nord, Centro e Sud dell’Italia e tra centri e aree interne.

Se i dati sono oggettivi, però, non lo sono obiettivi e strategie delineati nel Piano per le aree interne: particolarmente cinico nella sua crudezza appare il famigerato Obiettivo 4 che recita:

Accompagnamento in un percorso di spopolamento irreversibile.

Un numero non trascurabile di aree interne si trova già con una struttura demografica compromessa (popolazione di piccole dimensioni, in forte declino, con accentuato squilibrio nel rapporto tra vecchie e nuove generazioni) oltre che con basse prospettive di sviluppo economico e deboli condizioni di attrattività.

Fin qui il dato oggettivo. Di seguito la lettura politica del dato, che contiene un programma agghiacciante:

«Queste aree non possono porsi alcun obiettivo di inversione di tendenza ma non possono nemmeno essere abbandonate a sé stesse. Hanno bisogno di un piano mirato che le possa assistere in un percorso di cronicizzato declino e invecchiamento in modo da renderlo socialmente dignitoso per chi ancora vi abita».

Il Piano, dunque, con una metodologia che ricorda il divide et impera e la consueta creazione di contrapposizioni per provocare una guerra tra poveri per l’accaparramento delle poche risorse, divide le aree in quattro gruppi, sulla base di variabili quali l’evoluzione della struttura demografica e la composizione della popolazione, le dinamiche economiche e il livello di benessere, le infrastrutture e i servizi pubblici, l’accesso all’istruzione e al welfare, la sanità e la qualità della vita, il ruolo del turismo e del settore commerciale.

Lo scopo appare evidente: giustificare con l’ineluttabilità del declino una drastica riduzione degli investimenti. Non bisogna dimenticare che già con la scorsa finanziaria il governo ha tagliato una serie di fondi destinati agli enti locali, in alcuni casi proprio ai piccoli comuni ricadenti nelle aree interne: il fondo Piccoli comuni, il fondo Piccole opere, il fondo a sostegno della progettazione; e questo mentre viene aumentata la spesa militare.

Inutile dire che le Aree interne del Mezzogiorno, tutte ricadenti nel gruppo denominato «Povertà dietro l’angolo» meritano il famigerato accompagnamento verso il declino delineato nell’Obiettivo 4.

In barba all’articolo 3 della Costituzione, quindi, lo Stato rinuncia a rimuovere gli ostacoli che limitano la libertà e l’uguaglianza dei cittadini. Poco importa che nelle aree interne vivano più di tredici milioni di persone. Poco importa che il 60% del suolo italiano e il 48% dei Comuni si trovino in aree interne. Poco importa che amministratori e cittadini delle aree interne svolgano un ruolo fondamentale nella fornitura al resto del Paese dei cosiddetti servizi ecosistemici come cura e presidio del territorio ai fini della prevenzione del rischio idraulico, idrogeologico e di incendi boschivi, produzione di energia da fonti rinnovabili, produzione di cibo da agricoltura biologica, cura delle sorgenti e dei corsi d’acqua, cura del patrimonio materiale e immateriale e del paesaggio.

Il tema del contrasto allo spopolamento e alla denatalità richiederebbe ben altre strategie, diverse dal gettare la spugna: politiche di sostegno alle donne lavoratrici, investimenti in politiche sociali, in innovazione e ricerca, politiche di accoglienza e gestione dei flussi migratori, perché la crisi demografica è tema nazionale e come tale andrebbe trattato.

Le aree interne non sono vuoti da riempire: sono territori vivi e pieni di ricchezze storiche, antropologiche, culturali, ambientali ed economiche e come tali non possono più essere raccontate come luoghi subalterni ai centri urbani, come borghi ad uso e consumo di un turismo mordi e fuggi, ma devono essere protagoniste di una nuova narrazione, che prima di tutto le riconnetta alla vocazione produttiva agricola, artigianale e pastorale: il 56% della superficie agricola nazionale è collocata nelle aree interne ma negli ultimi vent’anni poco meno di un milione di imprese agricole delle aree interne hanno cessato l’attività; le difficoltà del settore agricolo nelle aree interne sono accentuate dai cambiamenti climatici e dagli eventi meteorologici estremi (alluvioni a Nord, siccità a Sud dell’Italia), il che richiederebbe politiche di sistema che affrontino il tema dell’adattamento al cambiamento climatico.

Il cambiamento climatico, grande assente nel piano strategico per le aree interne: a parte qualche accenno sulla situazione di fatto, nessuna azione strutturale, nessuna considerazione delle potenzialità che le aree collinari e montane possono offrire opportunità abitative a persone in fuga dalle città roventi, dando origine a fenomeni di neo-popolamento che andrebbero gestiti appunto con politiche adeguate.

Sarebbe necessario, una volta per tutte, considerare i territori delle aree interne non soltanto in base alle criticità come la scarsa densità abitativa, ma dando valore ai servizi ecosistemici che questi territori e i cittadini che li abitano garantiscono: perché non centrare le politiche di contrasto allo spopolamento sul pagamento dei servizi ecosistemici, introdotti dall’articolo 70 della Legge n.221 del 2015 e richiamati dal comma  8, articolo 7 del Decreto Legislativo n.34 del 3 aprile 2018?

Perché non utilizzare le leve della fiscalità agevolata per favorire il popolamento delle aree interne? Agevolazioni per attività economiche e produttive, per acquisto e ristrutturazione della prima casa, sgravi su forniture di energia e servizi essenziali come trasporti, mensa scolastica, prestazioni sanitarie, trattenute inferiori su pensioni e buste paga.

Perché non iniziare ad approcciarsi in modo diverso al tema delle migrazioni? Perché non potenziare il sistema di accoglienza e integrazione (S.A.I.), per far sì che persone in fuga da disastri ambientali, guerre e persecuzioni politiche possano essere integrati in comunità come quelle delle aree interne che sono vocate all’accoglienza?

I territori delle aree interne sono da anni vocati alla produzione di energia da fonti alternative: perché non vincolare le risorse destinate a compensazioni ambientali dal DM 2010 (Linee guida per l’autorizzazione degli impianti alimentati da fonti rinnovabili) anche ad azioni di contrasto allo spopolamento?

Le aree interne possono essere un laboratorio per costruire un modello sociale ed economico alternativo, e il Piano strategico per le aree interne con la sua narrazione distopica non impedirà a che ci vive, ci lavora e ama queste terre, di continuare a battersi affinché abbiano un futuro.

Leggi anche

Are you sure want to unlock this post?
Unlock left : 0
Are you sure want to cancel subscription?
-
00:00
00:00
Update Required Flash plugin
-
00:00
00:00