Il Recovery Fund per un’economia rinnovata

Marco Panara

I nostri ragazzi che nei prossimi giorni, forse, torneranno a scuola, non saranno stupiti dal candore delle loro aule e dall’efficienza del sistema di riscaldamento. Troveranno quello che avevano lasciato: se l’intonaco era scrostato lo ritroveranno scrostato, se il riscaldamento funzionava a singhiozzo singhiozzerà ancora, se le finestre lasciavano entrare perfidi spifferi quelli di gennaio saranno più perfidi ancora.

Avremmo potuto approfittare di questi mesi di aule vuote per la manutenzione ordinaria e forse anche per un po’di straordinaria ma non lo abbiamo fatto, e non perché non ci fossero le risorse ma perché non sappiamo spenderle.

Questi mesi di traffico meno intenso sarebbero stati il momento ideale per rimettere mano a un po’ di strade statali, regionali e provinciali che ne avrebbero un gran bisogno. Non lo abbiamo fatto e le ragioni sono le stesse di cui sopra.

Siamo abituati a dare la colpa di quello che non si fa alle risorse ma ora più che mai il re è nudo.

Se avessimo investito una parte di quello che abbiamo distribuito avremmo avuto scuole e strade in migliori condizioni e persone che avrebbero avuto un reddito da lavoro e non un sussidio di qualche natura.

La pubblica amministrazione italiana riesce sia pure con qualche fatica a distribuire ma non ad investire, ed è per questo che la politica, anche le volte in cui è buona politica, quando vuole effetti rapidi sul ciclo economico non può fare altro che distribuire. Ed è ancora per questo, perché distribuendo non si incide sulla struttura e sulla infrastruttura del paese, che l’Italia è rimasta indietro e da più di vent’anni non riesce a crescere.

Ora arrivano i miliardi del Recovery Fund e giustamente l’ex primo ministro italiano e attuale commissario europeo agli Affari Economici Paolo Gentiloni ci ricorda che se non ci mettiamo nelle condizioni di impiegarli rapidamente quei soldi li perderemo. Il presidente del consiglio in carica Giuseppe Conte aveva pensato di ovviare creando una struttura esterna alla PA affidata a manager privati e i partiti della maggioranza lo hanno bloccato con una retorica sulla centralità della Pubblica Amministrazione che di fronte alla sfida e alla opportunità di questi 209 miliardi sembrava provenisse da Marte.

Quello che tutti sappiamo è che se seguiremo le procedure ordinarie questa eccezionale opportunità andrà perduta perché non riusciremo a impegnare i fondi entro il 2023 e spenderli entro il 2026 come previsto dal Recovery, e quello che sappiamo altrettanto bene è che le strutture ministeriali, regionali e comunali non sono in grado di gestire una operazione di questa portata. Sapendo tutto ciò le cose ovvie da fare sarebbero definire rapidamente le procedure straordinarie attraverso le quali impiegare queste risorse e costruire una squadra in grado di effettuare gli investimenti e realizzare le opere. In fondo il Ponte Morandi è stato ricostruito in un anno a dimostrazione che si può fare.

Il Recovery Fund può aiutarci a cambiare l’Italia, a darci la spinta per volerlo finalmente fare, ma anche se ce la metteremo tutta i suoi frutti non li coglieremo nel 2021. E tuttavia se vedremo un governo e una maggioranza capaci di mettere in piedi un piano serio e credibile e una strumentazione adeguata per realizzarlo un effetto il Recovery lo avrebbe già da subito, un effetto dirompente e fondamentale: quello di darci fiducia.

Il sistema economico italiano è fragile, non si era ancora ripreso del tutto dalla crisi del 2008 e degli anni successivi quando è arrivato il blocco del Covid. In questi 13 anni la capacità produttiva si è ridotta e una parte ancora troppo ampia del sistema è fatta ancora da imprese troppo piccole (anche se molte sono morte in questi anni) e sottocapitalizzate. Ma è anche un sistema reattivo, con una componente di imprese resilienti e competitive che in questi anni hanno retto e in molti casi innovato.

Il 2021 non vedremo una economia italiana rinnovata, se sapremo gestire il Recovery quella la vedremo dal 2025 in poi. Potremmo però vedere una economia italiana rivitalizzata, a due condizioni: che l’operazione vaccini sia rapida ed efficace; che governo e maggioranza impostino in maniera seria la gestione del Recovery. Tutte e due condizioni essenziali per darci fiducia, il vero carburante dell’attività economica.

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