I media al tempo del Covid-19: le nuove partite

Mario Orsini

Quando mi è stato chiesto di scrivere su questo tema la prima cosa che mi è venuta in mente è stata che il Covid-19 cambierà la nostra vita economica per i prossimi 10 anni.

Come se piovesse sul bagnato, come se non avessimo già sufficienti problemi. Tutto si rimischierà come in un dopoguerra che però nessuno di noi conosce perché l’ultima generazione che l’ha vissuta, nel frattempo, è morta.

Nel mondo prevalgono due modelli di sviluppo da un lato il capitalismo autoritario dall’altro il capitalismo sociale di mercato (liberale). Questa pandemia come giocherà in questo scenario? Potrebbero esserci le condizioni per una rivoluzione pacifica o più probabilmente un radicale ripensamento del modo di condurre l’economia?

Una cosa certa è che tornerà centrale l’economia reale ed il valore del clima e della salute come beni globali.

Se si esce per un attimo dalla riflessione, anche un po’ generica, di sistema tout court bisogna dire che questa esperienza traumatica sta impattando enormemente anche dal punto di vista comunicativo.

Mi sono fatto 3 domande.

  1. L’irruzione del Cigno Nero nel mondo dei media che significato ha in termini di racconto del mondo?
  2. Quali effetti ha per i protagonisti di questo mondo?
  3. Tutta le televisione seriale apocalittica o distopica di questi anni aveva profetizzato mai una cosa del genere? Ci ha offerto una qualche consapevolezze narrativa utile ad affrontare questa realtà?

Vediamo.

É evidente a tutti che si è assistito in queste settimane in modo brutale ad un ribaltamento dei paradigmi di narrazione.

Dall’ossessione social individuale si è tornati d’incanto al racconto collettivo della TV. La quotidianità “bellica” è scandita da bollettini di guerra che sono la conta dei morti, la conta dei guariti, le terre infette (conquistate dal nemico) e le terre sane (in mano agli amici), gli sforzi per sfornare nuove armi più potenti (vaccini) e le regole di coprifuoco per la gente.

Questo è al momento il racconto dei media rispetto all’assedio del Covid -19 e questo è un racconto collettivo di sforzo comune, di unità d’intenti di un Paese in lotta contro il nemico per la propria salvezza.

Solo dopo la grande battaglia comune ritorneranno prepotentemente le storie dei singoli.

Il tema del contagio, della malattia inafferrabile, del nemico nascosto che cambia di colpo le nostre vite sono tutti ingredienti che il cinema e la tv hanno usato a piene mani da sempre ma poi eravamo rassicurati dalla cena e dal divano, dal fatto che usciti dal cinema o spenta la tv tornavamo serenamente all’abbraccio tiepido delle nostre sicurezze.

Oggi tutto questo è realtà ed il racconto collettivo di questi giorni è diventata una comunione di destino.

Non c’è un piano B, un colpo di scena di copione, una telefonata che risolve.

L’appuntamento alle 18 con il dottor Borrelli capo della Protezione Civile è oggi quello che era Radio Londra nel 1943/44 una voce che ci serve per sperare ma nel contempo la saldatura di un destino comune.

Egli scandisce la nostra giornata ridotti come siamo per la nostra sicurezza a stare chiusi in casa e ci racconta cosa succede fuori dove si combatte e ci dice come va la guerra.

Il Covid-19 ha riaffermato il valore della TV come mezzo di racconto collettivo. Sembrerà un paradosso ma oggi tutti sentiamo allo stesso modo le stesse cose.

Ovviamente i TG sono tornati di gran moda insieme ai programmi da studio e si sta configurando un nuovo codice estetico dell’immagine televisiva un codice essenziale, militare, asciutto. I collegamenti via Skype sono diventati normali. Non ci sono ospiti a fianco al conduttore. Di colpo lo spaventoso rumore prodotto dalla TV urlata è diventato un passato quasi sbiadito.

I social non sono ovviamente spariti ma non svolgono più la funzione di definire il nostro punto di vista bensì il nostro umore in senso positivo. Meme in tutte le salse che però hanno quasi tutti un risvolto di divertimento. Ci tengono su, non ci fanno stare soli. Ci colleghiamo e giochiamo a Monopoly con amici allo schermo. Prende corpo una vita virtuale che colma quella reale interrotta.

Viviamo un tempo sospeso che porta al riemergere dei valori dei buoni e non dei cattivi. I medici sono i nostri nuovi eroi solidali, compatti, pronti al sacrificio.

Per quanto riguarda l’altra domanda cioè che fanno i protagonisti del mercato appare interessante notare come la tv tradizionale generalista ha fatto incetta di audience con la gente obbligata in casa.

La platea televisiva (il numero di persone che accende la tv per almeno un minuto) nelle 24 ore, dai primi dati, è cresciuta del +33 % nella settimana dal 9 al 15 marzo 2020 rispetto all’analoga settimana del 2019. Si pensa che il trend proseguirà.

Questo enorme quantitativo di ascolto medio si è distribuito su tutta l’offerta televisiva in modo però non uniforme: RAI ha incassato una crescita di ascolto di oltre il 36% e un conseguente aumento di share dell’1%.

Sky ne ha beneficiato meno a causa dell’assenza di sport da trasmettere ed ha semplicemente mantenuto lo stesso ascolto medio del 2019 ma con una perdita di share di quasi il 2 %.

Mediaset, grazie ad una crescita percentuale di ascolto pari a quella della platea televisiva, ha mantenuto inalterata la sua quota di mercato e Cairo grazie all’offerta informativa di La7, e il Gruppo Discovery, grazie ad un’offerta che incontra i gusti dei target giovani, sono cresciuti significativamente in termini percentuali.

La cosa interessante, infatti, è che sono tornati quei target (i giovani ad esempio) che in tempo di pace la TV non la vedevano o la vedevano in modo differito su pc o smartphone (piattaforme streaming come Netflix / Amazon ect).

A tal proposito, in Italia, sembra che il numero di ricerche su Google relative a Netflix, siano cresciute, da marzo 2019 alla prima settimana di marzo 2020, del 78% circa, quelle di Amazon Prime Video del 367% circa e quelle di Now Tv del 138% circa, ovviamente partendo da valori molto diversi tra loro.

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