Aspetti economici, aiuti finanziari e cofinanziamenti della spesa pubblica

Thierry Vissol

La sofferenza sociale, economica e finanziaria creata dalla crisi, con il confinamento dei cittadini, la chiusura di tutte le imprese di servizio, turismo, spettacolo, divertimento, sport ecc., e ora di tutte le imprese non essenziali impone agli Stati di spendere centinai di miliardi di euro – forse anche migliaia se la crisi dovesse durare più mesi – quando il motore economico è quasi spento, quindi le risorse fiscali assenti. Assicurare la sopravvivenza delle grandi e piccole imprese, delle professioni autonome e degli artigiani, quindi dei loro lavoratori, finanziare i costi sanitari che stanno esplodendo, richiede e richiederà dopo la crisi enormi sforzi finanziari, cooperazione e immaginazione per fare fronte a queste sfide.

Piccole e medie imprese che non hanno riserve finanziarie, le professioni autonome, gli artigiani, se non vengono aiutati rischiano di fallire e non saranno in grado di riaprire, causando milioni di disoccupati e povertà. I fondi sono anche indispensabili per aiutare i più poveri, i disoccupati, i senza tetto e per disinnescare la bomba che potrebbe rappresentare l’assenza di misure sanitarie nei campi di rifugiati e di migranti. Per tutti questi problemi, è indispensabile sviluppare solidarietà e cooperazione, mobilitare tutti i fondi disponibili, ma senza mettere a repentaglio la ripresa futura tagliando i fondi esistenti ai progetti e alle azioni indispensabili per la ripresa. Se siamo in guerra, e lo siamo, dobbiamo agire come si fa in tali situazioni. La ripresa dopo la Seconda guerra mondiale è stata possibile solo grazie alla solidarietà degli Stati Uniti (Piano Marshall), alle istituzioni di cooperazione internazionali ed europee (tra cui OECE, FMI, Banca mondiale, WTO, Banca dei regolamenti internazionali), alla creazione di istituzioni europee particolarmente della CECA, poi dell’Euratom e della CEE.

Anche nel settore economico, l’Unione, nonostante le sue limitate risorse, può contribuire ad allievare il peso finanziario, ma anche a mobilitare e stimolare vari strumenti giuridici e di finanziamento. In molti paesi, i fondi strutturali (FSE e FESR) previsti per il periodo 2014-2020 non sono stati spesi, rimangono più di 35 miliardi di euro (15 in Italia). Già a metà settembre la Commissione ha deciso di distribuire le liquidità disponibili (800 milioni per l’Italia), anticipare i prefinanziamenti previsti per il 2020 (952 milioni per l’Italia) e prevedere le modalità per utilizzare i fondi non ancora impegnati. L’obiettivo è di permettere l’uso di tutti i fondi disponibili del Fondo di Sviluppo regionale (ERDF) per il settore sanitario, l’aiuto alle PMI e al mercato del lavoro. Nello stesso tempo la Commissione lavora per rendere più flessibile il regolamento sulle disposizioni comuni per tutti i fondi strutturali, ivi compreso il Fondo europeo di adeguamento alla globalizzazione (FEG) dotato di 1,6 miliardi o il Fondo di solidarietà dell’Ue di 4,7 miliardi.

Ovviamente, la scarsità delle risorse finanziarie europee fa pesare il costo principale delle misure sanitarie, economiche e sociali sul bilancio degli Stati membri. È prevista una forte crescita dei deficit e quindi dei debiti pubblici superando probabilmente l’impatto dello choc finanziario della crisi del 2008-2015. Il superamento dei criteri di stabilità previsti per la zona euro è quindi inevitabile. L’Eurogruppo (ministri delle finanze della zona euro) ha dichiarato, a metà marzo, di essere pronto a prendere tutte le misure necessarie (il famoso whatever it takes di Mario Draghi nel pieno della crisi dell’euro) per azioni coordinate a sostegno dell’economia, particolarmente in materia fiscale e di sostegno alla liquidità a disposizione delle imprese. Quindi, su proposta della Commissione, i ministri hanno attivato la clausola di salvaguardia generale del patto di stabilità e crescita (conosciuto come Fiscal Compact), sospendendo i limiti di spesa per i bilanci nazionali e l’obbligo di contenere il disavanzo di bilancio entro il 3% del PIL e permettendo il superamento del debito pubblico, senza limiti aldilà del 60% del PIL.

A complemento di queste misure di sostegno, la Commissione sta mobilitando il bilancio dell’UE per reindirizzare gli investimenti laddove sono necessari. A tal fine, la Commissione ha proposto un’iniziativa di investimento pari a 37 miliardi di euro in  risposta al Coronavirus e il 13 marzo ha presentato una serie di proposte volte a  modificare la legislazione che consentirà agli Stati membri di beneficiare di un maggiore sostegno finanziario e di un’assistenza mirata. Misure poi approvate dal Consiglio e dal Parlamento europeo il 26 marzo. Infine, alla data di redazione di quest’articolo, è stata creata una Corona virus Investment Initiative dotata di 25 miliardi (tra cui 7 per l’Italia) per favorire gli investimenti nella protezione sanitaria, l’aiuto alle PMI e le misure a favore dei lavoratori confinati. Rimane da definire il ruolo che la BEI potrebbe svolgere sia nel finanziamento di investimenti di sostegno durante la crisi, ma soprattutto nel sostegno alle economie europee e alle imprese una volta superata l’emergenza.

Al momento della redazione di quest’articolo restano in discussione due ultime possibilità di azione: l’uso dei fondi gestiti dal meccanismo Europeo di stabilità (stimati a 410 miliardi) e la creazione di Corona virus Bond per finanziare il costo delle misure necessarie. Il Consiglio europeo del 26 marzo non è riuscito a prendere una posizione comune e rimandato le decisioni entro i prossimi 15 giorni.

In breve, il MES è stato creato per assicurare la stabilità dell’euro mediante un sistema di aiuti finanziari ai paesi in difficoltà obbligando in controparte l’adozione di misure macroeconomiche molto rigide per rimettere in sesto l’economia del (dei) paese(i) in crisi. Il dibattito verte appunto sulla necessità o meno di prevedere delle condizioni macroeconomiche per poter utilizzare i fondi del MES.

Quanto ai Coronavirus bonds consisterebbe per l’Unione ad indebitarsi collettivamente, emettendo dei titoli a medio-lungo termine per essere in grado di distribuire questi fondi secondo i fabbisogni dei vari paesi. Si tratta di nuovo di debiti che dovranno essere rimborsati in dovuto tempo. Il vantaggio sarebbe di ottenere un debito con bassi tassi d’interesse e in tempo molto rapido, visto la garanzia dell’insieme dei paesi dell’Ue.

Nei due casi, esiste un rischio sul rimborso di questi debiti, soprattutto da parte di paesi già fortemente indebitati. In caso di default o di assenza di liquidità di un paese dovrebbero pagare i paesi meglio gestiti. Quindi tutto dipende della fiducia che possa avere la collettività verso i suoi vari membri. Un vero problema nel caso dell’Italia che da piu di 30 anni ha superato la barra di 100 % del PIL di debito pubblico e mai rispettato le regole per ridurlo e da più anni sviluppa un antieuropeismo cieco. È comprensibile che la solidarietà non può andare fino ad obbligare i cittadini dei paesi ben gestiti a pagare i debiti di paesi meno rigorosi. Già Esopo descriveva una situazione simile nella sua favola La Cicala e la formica:

«Durante la stagione invernale, le formiche facevano asciugare il grano inumidito. Ma la cicala, avendo fame, chiedeva loro nutrimento. Le formiche però dissero: “Per quale motivo durante l’estate non raccoglievi anche tu il cibo?”.
Ed ella rispose: “Non avevo tempo, ma cantavo dolcemente”.
Esse allora scoppiando a ridere dissero: “Ma se cantavi durante le stagioni estive, ora che è inverno, balla!».

Tuttavia, il rischio collettivo che potrebbe creare le difficoltà di un paese, sia per l’economia dell’unione e per l’uscita della crisi, sia per la tenuta dell’euro, potrebbe condurre ad immaginare delle soluzioni accettabili per tutti i protagonisti.

Aldilà di quello che fanno le tre istituzioni europee Commissione, Parlamento e Consiglio nel quadro giuridico e amministrativo esistente, niente impedisce al Consiglio di andare oltre, a condizione che rimangano decisioni collettive approvate dal Parlamento europeo, previa consultazione dei Parlamenti nazionali. La capacità di azione economica e finanziaria dell’Unione è fortemente sostenuta e garantita da un’altra Istituzione europea indipendente: la Banca Centrale Europea.

Illustrazione di © Uber (Gianfranco Uber) (Italia)

Continua…

7. Legislazioni europee
6. Regole di decisioni politiche e cooperazione
5. Ricerca scientifica e forniture di apparecchiature medicali
4. Le azioni dell’Unione
3. Le competenze dell’Ue in materia sanitaria
2. Egoismi nazionali e solidarietà europea
1. Unione Europea e coronavirus

 

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