Matera. Cosa è rimasto di quegli anni ’70

Carlo Pozzi

Chi ha scoperto i Sassi di Matera?

Cristo si è fermato a Eboli di Carlo Levi (Einaudi 1945) o Il Vangelo secondo Matteo di Pasolini (1964)?

Palmiro Togliatti che nel 1948 li indica come «vergogna nazionale» o Alcide De Gasperi che li visita nel 1950 e nel 1952 vara la legge speciale per il loro svuotamento?

Gli Uccelli, gruppo di avanguardia della facoltà di Architettura di Roma, insieme a intellettuali tedeschi di Kommune 1, nel 1968 o la Cooperativa Malve che nasce nel 1976 e sviluppa una serie di interventi artistici a fianco dell’occupazione abusiva ma coordinata di alcuni degli antichi lamioni?

Quest’ultima concreta esperienza è nata come associazione di un gruppo di abitanti delle case del Rione Malve, nel Sasso Caveoso, che proponeva alla Intendenza di Finanza, ente statale proprietario, la gestione delle residenze, ristrutturate a spese dei privati con modesti interventi di manutenzione, per un certo numero di anni ma senza diritto di proprietà.

Una sera d’estate del 1976 lungo la strada che attraversa i Sassi, il cui basolato è in realtà la copertura realizzata durante il fascismo del torrente Grabiglione divenuto una fogna a cielo aperto, sono comparse grandi orme disegnate a spray sulle chianche di pietra della pavimentazione: seguendole, i cittadini, che fino ad allora avevano rimosso la presenza dei Sassi, dopo essere stati trasferiti nei quartieri popolari e nei borghi rurali, arrivavano nel vicinato costituito dalle case del Rione Malve.

Nella piazzetta era allestito un salotto con poltrone di design di avanguardia che guardavano a un grande pannello artistico in cui era sintetizzata la vicenda dei Sassi: di qui i visitatori potevano accedere alle case ristrutturate e visitarle, scoprendo per la prima volta la bellezza dello spazio interno di questi alloggi.

Questo evento era anche la presentazione di una serie di iniziative cooperative messe in piedi da Fabrizio Zampagni (un po’ il Danilo Dolci di Matera) che era passato dal Progetto Agna (quartiere periferico propaggine della città verso il metapontino) alla fondazione della Coopersassi (cooperativa di muratori e manovali) e della Cooperativa Malve. Queste iniziative ruotavano attorno al piccolo nucleo di obiettori di coscienza che Zampagni aveva aggregato e che abitavano nelle case del rione Malve.

Questo gruppo di intellettuali impegnati sul campo aveva reso questo piccolo vicinato un luogo di aggregazione di personalità presenti a Matera anche se solo per un certo periodo, come un gruppo di restauratori e restauratrici di area romana e della Tuscia che lavoravano per la Soprintendenza nel laboratorio di Palazzo Lanfranchi, in quello che sarebbe diventato un importante centro di restauro anche grazie alla realizzazione del grande polo tecnologico progettato nell’area di sviluppo industriale dall’architetto Vincenzo Baldoni. Poi c’era un gruppo di psicanaliste arrivate da Bari, per dirigere i SerT le prime case-famiglia per tossicodipendenti appena costituiti nella città del piano, che sceglievano di abitare nei Sassi come luogo di elezione.

La città viveva un periodo molto frizzante dal punto di vista culturale, grazie al Circolo La Scaletta, con sede nel Sasso Barisano, che promuoveva mostre e aveva pubblicato una guida esaustiva sulle Chiese rupestri nel materano, dopo averle ricercate e esplorate negli anfratti delle varie gravine che connotano il paesaggio murgico su sui si è insediata la città.

Innumerevoli convegni si erano agglutinati attorno alla discussione sull’ambiguo risultato del Concorso Internazionale di Architettura per i Sassi (1974), che non aveva decretato un vincitore assoluto ma due progetti classificati a pari merito al secondo posto, uno dei quali, presentato dal gruppo diretto da Tommaso Giuralongo e composto da architetti materani, avrebbe in seguito visto alcune parziali realizzazioni in via dei Fiorentini, subito sotto la piazza centrale della città, dove nel 1991 si sarebbe rivelato il Palombaro lungo, la enorme cisterna d’acqua oggi visitabile.

Voci di un analogo dibattito culturale molto partecipato arrivavano anche dalla provincia e in particolare da quel serbatoio di intelligenze che era costituito da Tricarico, la città del sindaco-poeta Rocco Scotellaro, prematuramente scomparso a Portici nel 1953. Il piano urbanistico, per questo importante piccolo centro dell’entroterra materano, era stato progettato dal gruppo del Politecnico, coordinato da Aldo Musacchio e costituito da architetti di varia provenienza (Ferruccio Orioli, Venezia e Raffaele Panella, Roma), dal fotografo Mario Cresci, Chiavari, che aveva proposto uno dei primi processi partecipativi, alla De Carlo, con i Quaderni del Piano che ogni cittadino aveva la possibilità di compilare con le sue personali obiezioni e proposte. Sempre dalla città di Scotellaro arrivava l’eco dei Tarantolati di Tricarico gruppo di ricerca musicale diretto da Antonio Infantino.

Il centro di interpretazione critica di queste elaborazioni, crogiolo di un nuovo e brillante meridionalismo, era indubbiamente la rivista Basilicata, fondata da Leonardo Sacco dopo la lezione e l’amicizia di Carlo Levi e la partecipazione alla esperienza di Comunità con Adriano Olivetti.

Cosa è rimasto di quegli anni che hanno visto l’esperienza del rione Malve coagulare operatori culturali transitanti a Matera, il circolo La Scaletta promotore di mostre e della valorizzazione del territorio murgico, il concorso per i Sassi con i suoi esiti contradditori, la nascita di un nuovo meridionalismo?

L’aria culturale che si cominciava a respirare a Matera, e in parte della Basilicata negli anni ’70, è stata certamente elemento di fondazione del rilancio della città dei Sassi avvenuta in quattro successive tappe fondamentali:

  1. Legge Speciale n.771 del 1986 per la conservazione ed il recupero architettonico, urbanistico, ambientale ed economico dei rioni Sassi di Matera;
  2. Iscrizione dei Sassi nella lista dei patrimoni dell’umanità UNESCO nel 1993;
  3. Istituzione nel 2011 a Matera della Facoltà di Architettura della Università della Basilicata;
  4. Designazione come Capitale europea della Cultura per il 2019.

Ora in questa fase così difficile per il paese resta da verificare cosa rimane delle esperienze narrate, cosa rimane del boom di presenze turistiche dell’anno scorso, cosa accadrà dei Sassi e se torneranno presto a rifiorire.

 

Carlo Pozzi ha operato come architetto nei Sassi di Matera. Nel 1990 ha ricevuto il Premio Nazionale Inarch per i suoi progetti di ristrutturazione degli antichi lamioni.

Matera,  La Cattedrale e la facciata della Chiesa di San Francesco, 1989 (ph. Mario Cresci)

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