Da Salvemini a Leogrande

Filippo Giannuzzi

Sono passati quattro anni ormai dall’ultima volta che ci siamo visti. Era novembre, il sei per l’esattezza e chiudevamo il primo ciclo di incontri salveminiani con un dialogo tra due intellettuali intransigenti. Uno era Ernesto Galli Della Loggia. L’altro, per l’appunto, si chiamava Alessandro Leogrande. Dopo qualche settimana, l’avventura con la vita del nostro Alessandro si sarebbe interrotta per un male improvviso.

Quel ciclo di incontri e di lezioni era nato insieme a lui, partendo dalla scommessa (alla luce della crisi della politica italiana) di rendere contemporaneo Gaetano Salvemini, un pensatore inattuale e forse ancora scomodo. In fondo, scriveva Leogrande, «è singolare che colui il quale è stato un maestro dell’antifascismo democratico sia stato dimenticato dalla gran parte delle forze politiche della Prima Repubblica. E che, nei decenni successivi nessun leader nazionale, salvo forse qualche rarissima eccezione, lo abbia indicato nel suo personale pantheon o in quello del suo gruppo di riferimento».

Salvemini era diventato invece un punto di riferimento per la sezione Identità del Piiil Cultura della Regione Puglia, di cui Alessandro è stato il curatore. E, non poteva essere altrimenti, anche caposaldo dei Granai del Sapere, il programma culturale annuale della Fondazione Di Vagno, il primo deputato, socialista, vittima nel 1921 della violenza fascista. Certo abbiamo continuato in questi anni a proporre le Lezioni Salvemini nel nome di Alessandro, ma ci rimane ancora oggi un sapore amaro.

La sua assenza pesa, inutile nasconderlo, e lo è ancora di più dovendo noi assolvere ad un compito per niente facile. Ovvero, come raccontare oggi la complessità e, ovviamente, l’utilità del pensiero Salveminiano a un ventenne che vive a Bari piuttosto che a Napoli o a Milano: l’impegno meridionalista e socialista, la lotta al fascismo, il lungo esilio lontano dall’Italia e poi anche dall’Europa, quando decise di stabilirsi negli Stati Uniti.

Il suo ruolo svolto attraverso le riviste culturali, il suo ritorno in Italia, gli ultimi anni della sua vita, e molte altre cose. Quali tasti toccare, quali testimonianze privilegiare, quali pagine far leggere? Alessandro ci ha lasciato troppo presto, mentre la crisi politica (non solo quella italiana) si è aggravata contagiando tutti i Continenti (e non solo l’Europa) e di cui il Covid-19 è diventato il detonatore.

Tuttavia, per non tradire il nostro amico Alessandro e disperdere la sua eredità culturale, continueremo a immaginare le Lezioni Salvemini come sguardo per comprendere gli scenari, economici, politici e sociali della nostra contemporaneità. I tempi sono molto incerti si sa. Tempi dove la rimozione della Memoria è utile solo per chi ha tutto l’interesse alla disintegrazione della Democrazia. Tuttavia, ricordando Alessandro Leogrande, «mettere insieme tutti questi elementi di inattualità è un’operazione essenziale per sottrarre Salvemini alla dimenticanza. E farne, non un santino, ma un pungolo del presente».

E come lui, il nostro Alessandro.

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